La pesca richiedeva nei tempi andati una copiosa e diversificata attrezzatura da adattare alla zona d’impiego, alla fauna da catturare, alle stagioni, ai fondali e a tanti altri elementi che, trascurati, potevano influenzare negativamente un’intera campagna. Questi attrezzi, usciti quasi tutti dalle mani degli stessi pescatori e delle loro famiglie venivano spesso conservati e riparati per anni con amorevole cura come fondamentale necessità di lavoro e quindi di sopravvivenza.
La pesca, nell’economia di Chioggia si divideva, e tutt’oggi si divide, in tre grandi “famiglie”:
– pesca di mare o grande pesca,
– pesca di laguna o piccola pesca,
– pesca di valle.
Il metodo di pesca più adatto era quello a strascico, dato che il suo fondo era piatto e la sua conseguente andatura rocciante. Le reti a strascico utilizzate dai bragozzi potevano essere radenti (Cocchia, Tartana, Tartanella, Granzera) o draganti (Ostreghero, Rampone); risultavano abbastanza simili tra loro, differendo essenzialmente solo per le dimensioni.
Le reti radenti erano così chiamate perché avevano la funzione di strisciare sul fondo del mare, radendolo, in modo da raccogliere nella parte terminale il pesce che incontravano mentre erano trascinate dalle barche.
Le reti draganti erano costruite in modo da arare il fondo marino e sollevare i pesci che lì si trovavano.
Si fabbricavano reti a maglia fissa (dai 7mm. di lato in giù) e a maglia chiara (dagli 8mm, di alto in su). Il filato grosso era di canapa mentre il lino veniva usato per quello sottile. Si passò poi all’uso del cotone, più resistente, detto spago.
In seguito si accennano le varie tipologie di pesca più utilizzate.
1) La pesca a strascico in coppia: i bragozzi pescavano generalmente in coppia, gettavano la rete (la cocchia o la tartana) a strascico tra di loro e poi procedevano parallelamente trascinando la rete da poppa.
2) La pesca a strascico singola: in questo caso il bragozzo doveva procedere agendo singolarmente, cercando di mantenere sempre aperta la bocca della rete (la tartana, la tartanella, l’ostreghero e il granzero). A prua e a poppa del bragozzo infatti erano poste delle aste divergenti, sulle cui estremità venivano assicurate le reste della rete.
3) La pesca a strascico con i divergenti: metodo in utilizzo con l’arrivo del motore, utilizzando tavole divergenti che erano delle tavole di legno che si comportavano in acqua come gli aquiloni nell’aria, allargandosi quindi per consentire di tenere bene aperta la bocca di rete.
4) La cocchia: questo tipo di rete a strascico poteva variare di dimensioni in funzione di quelle dei bragozzi destinati al suo trascinamento. Era una rete composta da due parti simmetriche dette braccia, da un corpo centrale simmetrico e dal sacco terminante con un cogollo, un tubo di rete con degli imbuti detti enche che impedivano al pesce entrato di uscire.
5) La tartana: un tipo di rete simile alla cocchia, ma di dimensioni minori. Reti di dimensioni inferiori e simile alla tartana erano la tartarella e la granzera.
6) Il cogollo: costituiva una vera e propria trappola molto simile alle nasse o chebe. Utilizzata lungo le rive dei canali lagunari, le dimensioni potevano variare da 1,2 metri a 3 metri di lunghezza, con diametro tra i 30-50 centimetri.
7) L’ostreghero: era una rete a forma di cono allungato con l’imboccatura tenuta aperta da un bastone orizzontale sul quale si innestava uno verticale di più piccole dimensioni per tenere sollevato il lembo superiore. Il lato inferiore che strisciava sul fondale, molto più lungo dell’altro, era dotato di una serie di piombi piatti.
8) Il rampone: una rete che deriva dai denti di cui era dotata e con i quali dragava il fondo del mare. L’imboccatura della rete era rettangolare, costituita da un’armatura metallica rigida.
9) Il tremaglio: è una rete di circa 50-60 centimetri di altezza, lungo da 10 a 13 metri. Si usa per pescare le triglie unendo più reti, solitamente nei canali. Una estremità è tenuta nella barca, mentre all’altra estremità si usa legare un corpo galleggiante per segnale.
10) Le chebe o nasse: con dimensioni da 35 centimetri di lunghezza e diametro di 16 centimetri, a tre cerchi. Con questi ordigni si pesca nelle zone in cui ci sono alti bari di alghe, entro i quali vengono nascosti.